LA BANCA NON PUO’ FARE LA “CRESTA” SULL’EMERGENZA EPIDEMIOLOGICA

Sin dallo scorso mese di ottobre abbiamo sollevato la questione relativa ai cospicui risparmi che la Banca realizzava per il mancato riconoscimento del compenso per lavoro straordinario, del buono mensa e delle diverse indennità giornaliere (leggi qui).

Si tratta di diverse decine di milioni di euro che corrispondono alla perdita sulle retribuzioni della Categoria e pertanto ci sembra ragionevole ed equo prevedere forme di ristoro; in merito con il citato comunicato del 27 ottobre, abbiamo formulato una proposta, tenendo conto anche di ragioni di equità.

Abbiamo reiterato tale richiesta in diverse occasioni di incontro con la Banca, riscontrando sempre una mancata disponibilità.

Nel frattempo, la L. 178/2020 (legge di bilancio) al comma 870, ha prescritto alla PA di destinare alla contrattazione integrativa tutto quanto le diverse Amministrazioni hanno risparmiato nel corso del 2020 per straordinario non riconosciuto nel periodo e per mancato riconoscimento del ticket restaurant.

La Banca sempre pronta, quando si tratta di penalizzare, ad adeguarsi ai “cattivi esempi” che vengono dalla Funzione Pubblica, questa volta in presenza di un “buon esempio” non si è data per avvertita.

Siamo consapevoli delle differenze tra Banca d’Italia e Stato e delle diverse normative che ne regolano sia il funzionamento che la contabilità; ma il provvedimento da noi richiamato esprime un principio chiaro: tutto quello che la parte datoriale, soprattutto se pubblica, ha risparmiato sul costo del lavoro per effetto dell’emergenza sanitaria, deve tornare nelle tasche dei Lavoratori: null’altro che l’enunciazione di un precetto etico!

Ciò nonostante, tutte le volte che abbiamo avanzato la richiesta di redistribuzione di quanto la Banca ha risparmiato nel periodo ci sono state fornite sconcertanti risposte: o la draconiana “il Direttorio non vuole”, ovvero, ancora peggio, “con tutto quello che ha speso per fronteggiare l’emergenza, la Banca è sicuramente a credito”! Quasi che le altre Amministrazioni non avessero speso nulla per tutelare i propri Dipendenti ovvero che i costi dovessero essere messi a loro carico.

Il livello di tali risposte fornisce la misura del degrado anche nella capacità di motivare le proprie posizioni che negli ultimi tempi caratterizza l’agire della Banca.

Roma, 1° febbraio 2021.

                                                  La Segreteria Generale
                                                              Falbi  

L. n. 178 del 30 dicembre 2020 (legge di bilancio)

In considerazione del periodo di emergenza epidemiologica da COVID-19, le risorse destinate, nel rispetto dell’articolo 23, comma

2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n.  75, a remunerare le prestazioni di lavoro straordinario del personale civile delle

amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del   decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non utilizzate nel corso del 2020,

nonché i risparmi derivanti dai buoni pasto non erogati nel medesimo esercizio, previa certificazione da parte dei competenti organi di controllo, possono finanziare nell’anno successivo, nell’ambito della contrattazione integrativa, in deroga al citato articolo 23, comma 2, i trattamenti economici accessori correlati alla performance e alle condizioni di lavoro, ovvero agli istituti del welfare integrativo. Per i Ministeri le predette somme sono conservate nel conto dei residui per essere versate all’entrata del bilancio dello Stato e riassegnate ai pertinenti capitoli di spesa. Agli oneri derivanti dal presente comma, pari a 44,53 milioni di euro per l’anno 2021, si provvede mediante corrispondente riduzione del   Fondo   per   la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione

vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all’articolo 6, comma 2, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n.

154, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2008, n.189.