IL “DIALOGO SOCIALE” SECONDO LA BCE PAROLE, SLIDE, NESSUNA RISPOSTA

Il 22 maggio 2025 si è tenuto, via Webex, il consueto incontro tra la BCE e le rappresentanze del personale del SEBC.

Una giornata ricca di slide, buone intenzioni… e molte risposte mancate.

  1. La BCE non riconosce il sindacato come controparte. È qui il vero problema.

Lo abbiamo chiesto senza giri di parole:

quando la BCE aprirà finalmente un vero confronto negoziale con le rappresentanze dei lavoratori?

La risposta? Nessuna.

Il Vicepresidente De Guindos ha evitato il tema. Ha parlato di inflazione, politica monetaria, scenari macroeconomici – tutto, tranne che di questioni di reale interesse per il personale delle banche centrali, che è ben preparato e perfettamente in grado di informarsi su quei temi.

Poi se n’è andato, con 25 minuti di anticipo rispetto al tempo – già risicato – concesso alle organizzazioni sindacali.

Il punto è politico:

nelle banche centrali nazionali, il confronto sindacale è la norma. Si negoziano accordi, si condividono decisioni, si gestiscono i cambiamenti.

Solo la BCE, insieme a pochissime altre BCN, si ostina a negare questo diritto.

De Guindos ci ha detto che la BCE “ascolta” i sindacati.

Ma ascoltare non è trattare.

Non c’è alcuna volontà di aprire spazi negoziali. Non ora, non in futuro.

E questo, lo diciamo con forza, mina le basi di un vero dialogo sociale europeo.

Perché non può esserci coesione, trasparenza, fiducia, se la più alta istituzione del sistema rifiuta la regola più semplice: trattare con chi, assumendosene la responsabilità, rappresenta le lavoratrici e i lavoratori.

  1. Euro digitale: le solite slide, le solite omissioni

La presentazione sul progetto di euro digitale ha riproposto contenuti già noti, presi dalla pressante comunicazione social della BCE.

Nel merito: ancora nulla.

Continuiamo a chiedere:

quante risorse umane e materiali verranno allocate a questo progetto?

quali impatti concreti ci saranno, in futuro, per le attività di produzione delle banconote e di circolazione monetaria?

Serve un confronto aperto e trasparente, coinvolgendo la DG Banknotes della BCE.

Il futuro della moneta non si costruisce senza parlare con chi dovrà realizzarlo.

  1. Well-being: tante esperienze, ma serve una regia

Il benessere è finalmente diventato un tema strategico, ma le esperienze sono ancora troppo disomogenee.

Ogni banca centrale si muove per conto proprio. E troppo spesso lo fa senza misurare l’impatto reale sulle persone.

Abbiamo proposto:

? una mappatura completa delle iniziative in tutto il SEBC;

? l’integrazione di social benefit e well-being in una logica comune;

? una base condivisa per valutare e migliorare le politiche in questo ambito.

Lo SCECBU lavora su questi temi da tempo.

È il momento di agire a livello sistemico.

  1. ECMS (Eurosystem Collateral Management System): cambiamento profondo, zero coinvolgimento

Il nuovo sistema di gestione del collateral entrerà in funzione a giugno: un passaggio storico.

Ma il personale delle BCN ne ha sentito parlare solo a posteriori, tramite documenti tecnici e istruzioni operative.

Dove sono i tavoli di confronto?

Chi discute con chi lavora del cambiamento organizzativo in corso?

Abbiamo chiesto che la riorganizzazione venga affrontata con trasparenza, rispetto e coinvolgimento reale.

  1. “Cultura condivisa”? Sì, ma con impegni veri

Employer branding, valori comuni, identità di sistema.

Tutto molto bello. Ma resta un problema:

la BCE ci ha informati che la carta dei valori, in discussione con le confederazioni europee, verrebbe sottoscritta dalle banche centrali su base volontaria.

L’abbiamo detto chiaramente:

se ogni banca centrale potrà decidere se firmare o meno, il documento non avrà alcun valore.

O si costruisce un’identità comune con strumenti vincolanti, oppure si resta nel mondo delle buone intenzioni.

  1. Formazione: grandi strategie, poca partecipazione

Il nuovo piano formativo 2026–2030 è ambizioso.

Ma il processo è ancora top-down.

Abbiamo chiesto:

? trasparenza su chi decide contenuti, destinatari e modalità;

? attenzione all’accessibilità, per chi ha carichi di lavoro elevati o barriere linguistiche;

? coinvolgimento reale del personale nella progettazione delle attività formative.

La crescita professionale deve essere un diritto, non un privilegio riservato a pochi.

In sintesi: basta monologhi

 

Il dialogo sociale deve tornare a essere quello che dice di essere: un confronto tra pari.


Senza questo, tutto il resto – presentazioni, piani strategici, valori condivisi – perde significato.

 

Continueremo a fare la nostra parte, con serietà, competenza e determinazione.


Ma non ci accontenteremo più di essere ascoltati.


Vogliamo essere parte attiva delle decisioni.

 

???? Perché la voce dei lavoratori non può restare fuori dalle stanze dove si decide.
???? E un’Europa più giusta parte anche da qui.

 

Falbi
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