Abbiamo letto che alcune sigle sindacali hanno scritto al Segretario Generale chiedendo una revisione dei criteri per l’accesso al lavoro da remoto, insieme a misure compensative per i Colleghi esclusi.
Una mossa tardiva, che arriva con quattro anni di ritardo e non cancella le responsabilità di chi ha firmato l’accordo sul lavoro ibrido del 2021.
Quell’accordo – sottoscritto dall’Unità Sindacale (CGIL, CISL, SIBC, CIDA, FABI, DASBI) e, dopo una lunga opposizione, anche dalla UIL, ha dato vita a un modello che, se da un lato ha consentito a molti Colleghi di accedere a forme di smart working, dall’altro ha introdotto criteri opachi, margini di discrezionalità e forti disparità.
La FALBI scelse allora di non firmare quell’accordo, e lo rivendichiamo con responsabilità, non con spirito polemico. Non perché fossimo contrari al lavoro da remoto (che riteniamo uno strumento prezioso e da difendere), ma perché denunciammo da subito l’iniquità dei trattamenti e l’esclusione silenziosa di centinaia di lavoratrici e lavoratori.
Oggi si prova a rimediare, spostando il tema nella trattativa sulla Rete Territoriale, ma il tempo delle scelte coraggiose era nel 2021, quando si sarebbe potuto pretendere un impianto più equo, trasparente e rispettoso di tutti.
Chi allora ha avallato un sistema diseguale, oggi dovrebbe spiegare perché ha sacrificato una parte del Personale pur di far partire lo smart working a ogni costo, seguendo bovinamente lo schema proposto dalla Banca con il libro bianco, affidandosi a criteri arbitrari e rinunciando a un confronto più ampio e partecipato.
Firmare un accordo non significa “ottenere qualcosa”, ma tutelare tutti, anche chi ha meno voce o lavora in contesti meno visibili.
Il risultato di quelle scelte è davanti agli occhi di tutti:
???? Colleghi di serie A, con 10 o 12 giorni al mese di lavoro da remoto (divenuti ormai A1 e A2);
???? Colleghi di serie B, con 5 giorni al mese pur svolgendo le stesse mansioni di altri;
???? Colleghi di serie C, completamente esclusi da oltre quattro anni.
La FALBI continuerà a battersi per un modello di smart working realmente inclusivo e giusto, senza discriminazioni, senza zone grigie e senza barattare diritti individuali con la chiusura delle Filiali o con penalizzazioni mascherate da riforme.
Pur ritenendo doveroso che le responsabilità vengano sempre attribuite con chiarezza – e nel caso del lavoro agile lo sono, oltre ogni ragionevole dubbio, in capo ai Sindacati firmatari dell’accordo del 2021 – la FALBI non si sottrae all’ovvio dovere del Sindacato di intervenire ovunque si verifichino condizioni di palese penalizzazione per una parte delle Colleghe e dei Colleghi.
In questa direzione, fin dall’avvio del confronto sulla riorganizzazione della Rete, abbiamo presentato una piattaforma rivendicativa articolata, con l’obiettivo di porre fine a una discriminazione che pesa soprattutto su chi opera in quei comparti.
Il primo nodo da affrontare è quello degli organici: una situazione di perenne emergenza non consente alcuna agibilità per il lavoro delocalizzato. Solo organici stabili e adeguatamente ripianati potranno permettere, anche in queste strutture, l’accesso allo smart working in forma sostenibile e a rotazione.
Per una piena equiparazione tra tutti i settori della Banca andranno introdotte misure di ristoro mirate per i Colleghi che, per natura delle mansioni, hanno margini ridotti o nulli di fruizione del lavoro da remoto. Tali forme non possono che incidere sulla qualità della vita, ad esempio attraverso sconti orari fruibili anche cumulativamente, da utilizzare come momenti di flessibilità compensativa.
Da un intervento congiunto su organici e tutele ci attendiamo un risultato chiaro: che tutti i Lavoratori della Banca, a prescindere dalla loro collocazione lavorativa, possano finalmente godere di un trattamento equo, equilibrato e dignitoso.