Il prossimo 31 gennaio scadranno i primi dodici mesi
dello stato di emergenza nazionale
Se non sarà rinnovato verrà meno la possibilità di gestire
“in deroga” lo smart working
Le sfortunate e funeste vicende che hanno investito il nostro Paese, con l’avvento della pandemia, hanno avuto l’opportunità di dimostrare che è possibile una maniera alternativa di lavorare. Nel periodo, per gran parte del Personale è stato possibile lavorare a distanza e la risposta è stata eccezionalmente concreta: le procedure si sono dimostrate all’altezza, il sistema informatico ha retto brillantemente all’impatto e, soprattutto, le Colleghe e i Colleghi hanno accolto positivamente tale novità assicurando il medesimo standard di efficienza e produttività, attestando una lodevole propensione alla flessibilità di utilizzo e alla propensione all’innovazione.
La Banca se ne è giovata e ha potuto mantenere un adeguato livello di efficienza nell’offrire i servizi pubblici al Paese.
Tuttavia, tutti come cittadini responsabili, genitori e figli di genitori anziani, ci auguriamo sinceramente che questo triste stato di cose abbia a finire al più presto: le severe misure adottate per le festività di fine anno e, soprattutto, l’avvio della campagna vaccinale, se il nostro Paese supererà le incertezze e le difficoltà che allo stato si appalesano, potranno avviare una condizione di ritorno alla normalità.
Non si può, comunque, fingere di ignorare quali potrebbero essere le conseguenze sulle attuali opportunità di lavorare da remoto.
Il prossimo 31 gennaio andranno a compimento i dodici mesi di “emergenza nazionale” proclamata in relazione all’espandersi dell’epidemia, tale periodo è quello previsto dal codice della Protezione Civile (D. Lgs 1/2018) che può essere prorogato per altri 12 mesi.
Tuttavia, la proroga sarebbe sottoposta ad una complessa verifica di natura tecnica e politica, per cui il Governo, se in presenza di un quadro in miglioramento e di un positivo andamento della campagna vaccinale, potrebbe essere indotto a non prorogare lo stato di emergenza o a farlo per un breve e definito periodo, per consentire che una più vasta platea venga vaccinata.
In ogni caso non sono, allo stato, prevedibili le decisioni che il Governo vorrà adottare in proposito.
La mancata proroga comporterebbe che non sarebbe più possibile una gestione “in deroga” dello smart working rispetto alle regole contrattuali vigenti, solo sospese per effetto dello stato di emergenza.
Le regole vigenti in Banca d’Italia prevedono che il lavoro delocalizzato possa essere accordato per una sola giornata a settimana, una misura evidentemente inutile ai fini della tutela della salute.
La conseguenza sarebbe che, a partire dalla data del 1^ febbraio, ovvero alla data della eventuale proroga, tutti sarebbero costretti a tornate a lavorare in presenza.
Nel corso dell’incontro dello scorso 18 dicembre la Banca ha già comunicato che la road map del confronto sull’argomento prevede che solo alla fine del mese di febbraio la task force consegnerà il libro bianco (seconda edizione) e, conseguentemente, solo nel mese di marzo potrà (forse) iniziare il confronto negoziale con il Sindacato per definire le regole a regime del lavoro a distanza. Una trattativa che certamente non potrà risolversi in poche battute, stante la complessità del tema e le distanze di posizioni che sono già emerse tra Sindacati e Banca.
Sarebbe irresponsabilmente ingenuo e superficiale negare che la Banca, con il rientro in presenza di tutto il personale, si troverebbe in una posizione di forza e non è avventato pensare che in questo risieda la tattica attendista adottata dalla Delegazione aziendale in questi mesi.
Per quanto ci riguarda, da mesi abbiamo esercitato pressioni affinché il confronto negoziale si avviasse da subito, a tal fine già nel mese di giugno abbiamo presentato un’articolata e definita piattaforma specifica (che in data odierna abbiamo provveduto a formalizzare alla Banca con piccoli aggiornamenti), ma ci siamo scontrati con la pregiudiziale della Banca e con la sostanziale acquiescenza a tale tattica del “primo tavolo”.
La Banca, arroccata sulle sue posizioni, ha progressivamente dimostrato di essere incline alla burocratizzazione e a una inequivocabile propensione al conservatorismo e alla resistenza all’innovazione.
E’, quindi, necessario affrontare tale situazione assumendo tutte le iniziative utili a fermare tale deriva che ha, come diretta conseguenza, la negazione dei diritti e delle aspettative delle Colleghe e dei Colleghi.