I “giovani” Colleghi, entrati in Banca negli anni ’80, si trovarono ad affrontare la prima delle rivoluzioni tecnologiche e informatiche: si passò da un modo di lavorare per cui si compilavano moduli e registri a mano, alla meccanizzazione dei processi attraverso l’introduzione dei computer.
Fu, all’epoca, una rivoluzione dolce perché l’innovazione si sviluppò lentamente: hardware e software progressivamente sempre più sofisticati, ma che si sviluppavano nel tempo dando maggiore possibilità agli addetti di seguire tappa per tappa le innovazioni.
All’epoca non esisteva ancora la “scienza della formazione” e la sfida fu vinta solo in virtù della disponibilità e della volontà di restare al passo con i tempi di tante Colleghe e Colleghi che furono prevalentemente autodidatti.
Oggi si affaccia una seconda rivoluzione informatica i cui profili non sono ancora definiti ma che prevede un salto significativo da un sistema governato dall’uomo ad uno in grado di agire in autonomia raccogliendo, catalogando i dati e fornendo analisi gestendo i processi.
I tempi di realizzazione previsti sono incalzanti ed esistono prime valutazioni, tra cui quella della Commissione Europea, che prevede una perdita di occupazione nelle funzioni amministrative del 14%.
Non sappiamo se queste previsioni siano fondate, quello che è certo è che il modo di lavorare subirà uno sconvolgimento e le competenze sin qui acquisite non saranno sufficienti per affrontare tale nuovo “mondo”.
In considerazione della portata dell’innovazione che si presenta, della tempistica accelerata con cui si realizzerà, è indubbio che un ruolo strategico è assunto dalla formazione.
Ed è alla luce di tali considerazioni che abbiamo letto la proposta della Banca sulla riforma dell’Area Operativa, rimanendone fortemente delusi.
La Banca nell’attuale contesto avrebbe dovuto dare avvio, senza condizioni, ad un processo profondo di formazione per mantenere i livelli di efficienza e di efficacia che nel tempo le hanno assicurato un grado di assoluta eccellenza, che le hanno consentito di essere un’Istituzione di primario profilo nel settore.
Anche il piano strategico 2023/2025, oltre ad interventi mirati di alta specializzazione, nulla dice di un progetto di distribuzione generalizzata della formazione.
Non cogliere l’esigenza del cambiamento per mantenere la posizione acquisita significa non avere consapevolezza di un mondo che cambia.
Ha scelto, invece, di utilizzare la formazione quale leva per condizionare le scelte del tavolo negoziale per la riforma degli inquadramenti dell’Area Operativa.
Considerare la formazione come merce di scambio per la riforma degli inquadramenti è scelta di opportunismo che dimostra i ritardi di una classe dirigente che guarda al passato.
È evidente che la necessità per la Banca dovrebbe essere la costruzione di un sistema formativo complessivo per entrambe le Aree (Manageriale e Operativa), partendo dallo sviluppo delle competenze digitali, e non utilizzare la formazione per scopi non dichiarati di tagli retributivi e di acquisizione da parte della Banca di margini di discrezionalità nella gestione della crescita professionale delle Colleghe e dei Colleghi.